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L'INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE LAVORATIVA

Notizie dal gruppo 28 giugno 2018

Torniamo  a parlare di invecchiamento nei luoghi di lavoro con riferimento al libro “Aging E-book, il Libro d'argento su invecchiamento e lavoro” (curato dal gruppo “Invecchiamento e lavoro” della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione - CIIP) e, in particolare, al contributo “Invecchiamento al lavoro e lavoro a turni” a cura di Giovanni Costa (Medico del lavoro - Clinica del Lavoro L.Devoto, Milano).

La promozione dell’invecchiamento attivo

In questo interessante contributo, presente nel libro, viene sottolineato come l’invecchiamento sia “associato ad un più difficile aggiustamento dei ritmi circadiani delle funzioni biologiche ai cambiamenti di orario di lavoro, con maggiore incidenza e gravità di disturbi del sonno e ridotta tolleranza per orari di lavoro prolungati”.

E “preso atto che la forza lavoro sta invecchiando, che si va in pensione oltre i 60 anni di età e che i lavoratori anziani appaiono più vulnerabili nei confronti del lavoro a turni, soprattutto se comprende il turno notturno”, occorre dunque trovare delle “soluzioni utili a preservare il benessere delle persone che devono lavorare vedendo sempre più posticiparsi l’età di pensionamento”.

Si ricorda, a questo proposito, che il Consiglio europeo ha sollecitato i suoi membri “a promuovere l’invecchiamento attivo favorendo condizioni di lavoro che consentano il mantenimento del posto di lavoro (formazione continua, salute e la sicurezza, forme innovative e flessibili di organizzazione del lavoro), rimuovendo gli incentivi al ritiro anticipato dal mercato del lavoro e incoraggiando i datori di lavoro ad assumere lavoratori anziani”.

E per rispondere alla sfida del Consiglio europeo “è necessario migliorare e sostenere la capacità di lavoro delle persone in tutto l’arco della vita”, dove la “capacità di lavoro” è “un processo dinamico che cambia nel corso della vita ed è il risultato dell’interazione tra le risorse dei singoli (stili di vita, salute, capacità funzionale, formazione, know-how, motivazione), le condizioni di lavoro (ambiente, strumenti, relazioni umane) e la società circostante (livello socio-economico, organizzazione sociale)”.

È proprio una buona capacità di lavoro a porre “le basi per l’occupazione della persona, che può essere sostenuta da una serie di azioni (ad es. legislazione su lavoro e pensionamento) e di atteggiamenti sociali (ad es. discriminazione per età, servizi di supporto) volti ad aumentare le opportunità di lavoro”.

Come mantenere i lavoratori più anziani in buona salute

Nel contributo si indica che il legame tra capacità di lavoro e invecchiamento di successo porta a considerare “tre livelli di azione per mantenere i lavoratori più anziani in buona salute (Toomigas e Kilbom 2000, Tuomi et al. 2001), in particolare nei riguardi di:

- L’organizzazione del lavoro: una buona prassi dovrebbe affrontare i seguenti aspetti:
un generale miglioramento delle condizioni di lavoro;
orari di lavoro più flessibili e ridotti (ad es. part-time, riduzione del lavoro notturno);
misure compensative in termini di periodi di riposo e tempo di pendolarismo;
politiche atte a favorire una transizione graduale dal lavoro alla pensione;
rotazione delle mansioni e del carico di lavoro;
assegnazione di compiti tutoriali per garantire il trasferimento delle competenze;
assunzione ad hoc di lavoratori anziani per sostenere richieste di lavoro occasionale o transitorio.

- I lavoratori, per i quali sono necessari interventi volti a:
favorire e sostenere la condizione psico-fisica;
promuovere l’accesso all’istruzione e alla formazione continua;
migliorare il supporto allo sviluppo di carriera, formazione e flessibilità;
pianificare e preparare al pensionamento;
attuare una sorveglianza sanitaria su misura e piani di riabilitazione in caso di disturbi di salute.

Le imprese, che dovrebbero essere impegnate a:
ricercare di una maggiore flessibilità sia a livello di gruppo che dei singoli;
fornire un forte sostegno alle attitudini ed esperienze dei lavoratori e alla formazione professionale;
promuovere la motivazione e l’integrazione tra i gruppi di età ed evitare il conflitto inter-generazionale;
differenziare le azioni tra i diversi gruppi di età;
garantire adeguati piani di carriera personale”.
 
Si indica poi che secondo una indagine condotta in Finlandia (Ilmarinen 2005) tra i datori di lavoro e i lavoratori, “le azioni ritenute più importanti per consentire un effettivo prolungamento della vita lavorativa sono le seguenti:

a) secondo i datori di lavoro: promuovere un buon clima relazionale nelle comunità lavorative (82%), migliorare gli interventi di riabilitazione (37%), aumentare la retribuzione (35%), ridurre i carichi e gli orari rigidi di lavoro (32%);

b) secondo i lavoratori: migliorare l’ambiente di lavoro e le condizioni operative (71%); migliorare le capacità di gestione e supervisione del management (68%); garantire la sicurezza del posto di lavoro (59%); ridurre i carichi e gli orari rigidi di lavoro (56%), aumentare le possibilità di formazione e aggiornamento professionale (40%); avere una idonea sorveglianza sanitaria occupazionale (36%)
”.

Le azioni specifiche per i lavoratori turnisti

Riguardo al tema dei lavoratori turnisti, si indica che oltre ai già noti criteri ergonomici per la predisposizione dei turni di lavoro, possono essere fatte alcune raccomandazioni specifiche per il sostegno dei lavoratori anziani (Costa 1998, Costa et al. 2005, Hakola e Härmä 2001, Härmä e Ilmarinen, 1999 Härmä e Kandolin 2001, Knauth e Hornberger 1998, Kogi 1996, Koller 1996).

In particolare:

“- ridurre e, se possibile, evitare il lavoro notturno, dopo i 50 anni di età
 - dare priorità ai turnisti con notte nel passaggio al lavoro giornaliero
 - favorire la scelta verso i turni preferiti (ad es. turni di mattina)
 - ridurre il carico di lavoro
 - ridurre l’orario di lavoro e/o aumentare i periodi di riposo
 - prevedere più frequenti controlli sanitari
 - dare consulenza e formazione sulle migliori strategie di coping in materia di sonno, dieta, gestione dello stress e regolare esercizio fisico
”.
 
In ogni caso “tenendo in considerazione la notevole variabilità inter-individuale nella tolleranza al lavoro a turni”, è necessaria una “equilibrata integrazione tra situazioni individuali, condizioni di lavoro e politiche sociali”.

E rimandando alla lettura integrale del contributo, che si sofferma anche sulle strategie e le prospettive relative alla flessibilità dell’orario di lavoro, il contributo di Giovanni Costa indica che, in definitiva, è necessario “predisporre interventi flessibili e adattabili alle diverse situazioni, in grado di fornire ai turnisti che invecchiano un supporto adeguato per mantenere una capacità di lavoro soddisfacente”.

 
Tiziano Menduto (fonte Puntosicuro.it)

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